Concilio dei topini

Non riciclabile

Topino 106

A parte adesso che c’è il coronavirus e sono tornato a casa dalla Città Senza Nome proprio il giorno prima che casa mia diventasse zona rossa, e ci mancava poco che diventassi uno di quei “terroni che hanno affollato i treni per scappare”, se non fosse che i miei padroni di casa giustamente preferivano non avere un possibile contagiato in flagranza di reato in casa loro, torno a casa giusto un paio di volte l’anno.

L’anno scorso (o erano due?) avevo notato che la marca di pane in cassetta che compra mio babbo ha l’involucro di plastica non riciclabile. Mio babbo è snob quindi va sempre al supermercato più economico del paese, dove si trovano tutte le sottomarche, ed è abbastanza standard che non ci sia manco scritto se è riciclabile o no. Qui si sono spesi per scriverlo, dietro in basso in piccolo. A mio padre che è presbite, vista l’età, se non ci guarda bene gli sembra un simbolo che dice che è riciclabile, però a dire il vero non me n’ero accorto manco io per anni, e pazienza abbiamo cominciato a buttarlo nell’indifferenziata.

La volta dopo che torno a casa, becco il babbo che lo butta nella plastica. Io in casa sono noto fin da bambino per essere il “nazista” che ti rompe le scatole se sbagli a usare i pattumi, nella cameretta condivisa i pattumi stavano sotto la mia scrivania, sotto il mio controllo, e certe litigate se qualcuno sbagliava a buttare le cose. Quindi non mi faccio nessun problema a rompere le scatole ad libitum, e gli ho fatto notare prontamente che doveva buttarlo nell’altro pattume e che “ne avevamo già parlato”. Al che il babbo ha risposto:

Sgrunf. Ma è di plastica!

Insomma non c’è speranza, non vedo l’ora che mettano sta plastic tax.

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